Cubo
Gallery dal 16 al 30 marzo 2022 - “L’attesa:
immagini e parole” è
il titolo della mostra fotografica di Fiammetta
Mamoli che
si intreccia e dialoga con le poesie di Sara
Ferraglia,
in programma alla Cubo
Gallery di
via Spezia 90, dal 16 al 30 marzo 2022. Il progetto è realizzato
dall’associazione W4W
– Women for Women,
in collaborazione con Verso
il sereno e Casa
delle Donne,
con il contributo di Comune
di Parma.
E'
un'attesa intima e profonda quella descritta nelle immagini di
Fiammetta Mamoli, che trova riscontro nelle poesie di Sara Ferraglia,
creando un dialogo intenso e appassionato. L'attesa delle donne,
quando sono sole e sanno ricordare, rimpiangere, immaginare.
Un'attesa
di pensieri, di parole, di persone perdute o mai davvero trovate, di
amori fugaci, di sentimenti nuovi e antichi, ma sempre presenti.
Nel
silenzio tra una parola e l'altra, nel vuoto delle immagini, gridano
le emozioni, i ricordi, i rimpianti, la disillusione, il disincanto,
la fatica.
Ciascuna
donna raffigurata e raccontata è alla ricerca di sé stessa, di “una
poltrona che sia solo sua”. Citando Virginia Woolf, “un
posto tutto per noi”
le donne lo devono ancora conquistare, ma lo stanno cercando con
forza e determinazione.
Nella
vita degli affetti e delle relazioni, così come là fuori, nel
mondo, il posto delle donne c'è, serve trovarlo, perché esiste, e
le sta aspettando.
La
mostra, organizzata da W4W – Women for Women all’interno delle
iniziative previste dal Comune di Parma per l’8 marzo, vuole essere
uno stimolo per far riflettere ogni donna sulla propria condizione,
sia pubblica che privata. Molta strada è ancora da percorrere per
raggiungere la parità di genere ed è un percorso che le donne
devono affrontare unite e con coraggio.
L’inaugurazione
di mercoledì 16 marzo alle 18.15,
è stata mpreziosita dalla lettura delle poesie di Sara Ferraglia a
cura di Franca
Tragni e
delle attrici della Compagnia
Teatrale "Ridere insieme per vivere" dell’Associazione
Verso il Sereno, Day Hospital Oncologico, Ospedale di Parma.
Una
poltrona tutta per sé.
Non
ha in quella casa una poltrona
di
vimini, di pelle, nuova o vecchia,
accanto
alla finestra
oppure
abbandonata sul balcone.
Una
poltrona per sé.
Nemmeno
Rosa l'aveva alla sua età.
Rosa
che non aveva tregua
ed
era in movimento dalle sei
e
adesso ha tanto tempo
per
raccontare la sua vita a lei,
che
viene da lontano,
burbera
nella voce e nello sguardo
ma
dolce nella mano
quando
prende la sua dal bracciolo
e
le dice parlami, racconta.
Rosa
come un bocciolo
della
nuova stagione:
-
Questa poltrona mia, la mia prigione,
fu
un'isola felice per lo sposo.
Prendeva
tutto al suo ritorno...
pipa,
giornale e il pranzo pronto,
bimbi
silenzio, al re... sacro riposo.
Adesso
è solo mia, per farne cosa? -
Non
ha in quella casa una poltrona.
Pensa
che sia il destino d'esser donna.
Pensa
che, come Rosa, mai l'avrà.
Sulla
sedia impagliata ascolta,
qualche
parola muore,
qualche
parola vibra e se ne va.
La
poesia.
Solitaria
in disparte
mollemente
adagiata
sul
letto di parole
nella
nebbia dell’arte
io ti
avevo trovata
fra le
anime sole
Con le
mani ti ho presa
Occhi
chiusi a cercare
sconosciuta
emozione
Al tuo
fascino arresa
come
naufrago in mare
che non
ha direzione
Silenzioso
il tuo canto
di
sirena o di musa
mi
rapisce nell’onda
del
sorriso e del pianto
nella
luce soffusa
poi
ritorno alla sponda
Voglio
una danza
Voglio
una danza di trecce intrecciate
Rosse
le vesti e le labbra infuocate
Capelli
grossi capelli fini
Cuori
lontani e cuori vicini
Voglio
tessuto di sorellanza
Nessun
confine nessuna distanza
Che
il tuo dolore nel sangue piegata
Inondi
e segni la mia giornata
Che
se la treccia qualcuno ci scioglie
Per
soddisfare violenza e voglie
L'affoghi
un mare di neri capelli
Trafitto
il cuore da lunghi coltelli
Trecce
d'intreccio che il tempo è arrivato
Che
sia sepolto il patriarcato
Il
Nero
Non
perderti nel nero dei pensieri,
nel
vuoto degli oscuri corridoi
dai
pavimenti lucidi di cera
Fin
troppo presto, sai, viene la sera
Tieni
una luce accesa più che puoi
Mantieni
vivi sogni e desideri
Che
non diventi il nero il tuo colore
o
il grigio spento in mille sfumature
E' di un azzurro intenso il cielo, fuori
Il
bianco.
Tu
le hai viste le sabbie del deserto
Tu
hai solcato le onde in mare aperto
Tu
hai volato sulle nubi lievi
Tu
sei stato abbagliato dalle nevi
Io
sto seduta qui da tanto tempo
Non
mi ricordo l'alito del vento
Io
guardo fisso solamente il muro
Non
penso né al passato né al futuro
Non
so nemmeno se sono esistita
È
il bianco che confonde morte e vita?
Por
una cabeza.
Mi
troveranno l’8 marzo, all’alba
La
pioggia generosa della notte
avrà
lavato via le foglie e il fango
Così
almeno diranno: è una ragazza
Suonavano
del jazz a pochi passi
-
Kind of blue - ( forse ) e lui mi offrì da bere
S’inebriò
della mia voglia scialba,
s’innamorò
delle mie calze rotte
La
musica cambiò, l'aria di un tango
Sangue
e calore - Por una cabeza -
L'ultima
nota, l’ultimo bicchiere.
Stanca.
Confesso
che son stanca,
persino
del pensiero
necessario
o impegnato
Leggerezza
mi manca,
stesa
a croce su un prato
Stanca,
però solo di testa
chè
di braccia... non faccio
Se
avessi confessato
a
mia nonna in segreto
l'anomala
stanchezza,
lei
che mieteva grano
sotto
il sole di giugno,
col
falcetto nel pugno
e
all'alba nella stalla
per
un secchio di latte
si
struggeva la mano,
coi
suoi occhietti chiari
mi
avrebbe ricordato
che
è la schiena piegata
che
fa male davvero,
aggiungendo
magari
che
il pensiero occupato
dal
lavoro di braccia
cambia
il cuore e la faccia
I commensali
E siete
ancora qui, ci siete tutti,
le voci
allegre, i pianti, i desideri,
i passi
rumorosi sulle scale
Tornate
alla memoria come flutti
che
smuovono le sabbie dei pensieri
- Tutti
seduti, cari commensali -
Vedete?
La
tavola è spaziosa e questo raggio...
Sì,
sono ancora qui le vostre impronte
e il
tempo ha forti, immense, lunghe ali
Sempre
aperta la porta per il viaggio
che vi
riporta qui, a me difronte
Viaggio
d’autunno
Forse
se te ne andassi oggi
con
questo cielo limpido d’ottobre,
col
brivido di vento
carico
dell’inverno che verrà,
forse
ti peserebbe meno il viaggio.
Troveresti
la strada senza affanno,
senza
nebbia a confonderti il cammino.
Poi
cala il buio e penso
che
il tempo e le stagioni,
le
fatiche e il dolore
dove
andrai tu non hanno senso.
Terre
di mezzo
Siamo
spiriti sospesi
nelle
terre di mezzo
Non
più carne,
aria
non ancora
Siamo
ricordi appesi
ai
chiodi della mente
Qualcuno,
fune sfilacciata
resistente
allo strappo,
si
aggroviglia caparbio
alla
vita, insistentemente
Altri,
polvere di parola,
sostano
sugli oggetti cari
Brevemente,
nell’attesa
del cencio
che
li spazza via
Lasciateci
così
Senza
umida terra
né
sigillo in cemento
Sospesi,
liberi nel tempo
Divano
rosso
Sto
qui da mesi, immobile
Sospesa
notte e giorno
Stillando
goccia a goccia il mio dolore,
scavando
col ricordo nell'anima rappresa
come
la pasta rancida nel forno
È
diventato rosso anche il divano
Rosso
di pelle fredda, disumana
coi
graffi in evidenza, pelle tesa
Sta
lì da mesi, come me in attesa
che
suoni il campanello e apri la porta
Lui
che aspetta il tuo corpo
Come
non fossi morta
"Cerchiamoci dentro gli sguardi
nei gesti passati e futuri
nei giorni di attese e ritardi
di nuvole e di chiaroscuri"
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