mercoledì 4 novembre 2009

Rosa d'autunno, addio al poeta

Rosa d'autunno

E mentre scivolava fra la folla

non la toccò il dolore degli umani

ma più di tutto quello delle foglie

in stormi scese a indorar la bara,

quello dell’ape sola e infreddolita

confusa dal profumo di una rosa,

rosa d'autunno, spenta e scolorita.

E mentre scivolava fra la folla

udiva solo il canto di un fringuello

e più ovattate le parole vuote,

perse lungo i gradini del Famedio.

A lei mancava il gatto sui ginocchi

e un libro di poesie, soltanto quello.

( Sara Ferraglia )

martedì 3 novembre 2009

Migrante




(Tradotta in Greco nell' Antologia del Premio - Atene : settembre 2009)

Migrante


In un bar tutto solo seduto

a pensare al tuo incerto futuro

nella mano di birra un boccale

e nell’altra un lontano saluto

a chi ancora sta dietro quel muro

a lottare con il maestrale.


Nei tuoi occhi del sole il calore

che hai piegato e riposto con cura

nella tasca del vecchio giubbotto

per usarlo nelle fredde ore

della notte che ti fa paura

quando entra da quel vetro rotto.


Alle spalle la porta sbattuta

e ti perdi nella nebbia fitta,

dentro ai volti di gente straniera

e una nuova città sconosciuta

già ti mostra un’altra sconfitta,

e tu sogni aspettando la sera.


Io ti guardo negli occhi, fratello

e vorrei cancellare la rabbia

vorrei dirti coraggio è finita

che non porti da solo il fardello

dentro questo deserto di sabbia

sulla strada d’un’ingiusta vita.


M’avvicino e mi siedo al tuo fianco

ogni ruga che segna il tuo viso

è un sentiero di sassi lontano

non ho nulla da offrirti, son stanco

tu mi guardi e mi offri un sorriso

scalda il cuore una stretta di mano.



Premio speciale XXV edizione premio S.Bernardo

( Parma – dicembre 2004)


domenica 1 novembre 2009

Legge 180

 In ricordo di Alda Merini

Legge 180

Siediti accanto a me che non ti mangio
 Leggo il tuo sguardo muto di paura
 Non son pericolosa sai? 
Non parlo 
L’udito mi difetta ma mi arrangio
 Se ti sorrido… fai la faccia scura 
I denti miei? Li ha divorati un tarlo
 Fui di me stessa un tempo prigioniera 
Dei miei fantasmi e delle ragnatele 
Di fredde scosse e ruvide lenzuola 
Abitante di un corpo ma straniera 
Percorrevo più vite parallele 
Implorando un silenzio che consola 
 L’unico posto vuoto mi sta accanto 
Siediti sconosciuta amica mia 
Perdona questo odor di naftalina 
Sto chiusa spesso in casa ma ogni tanto 
Trascino i passi miei lungo la via 
E giungo a questo luogo, la panchina

( Sara Ferraglia )